Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Trento, 21 maggio 2014 Conosco e stimo la rettrice dell’Ateneo di Trento, Daria de Pretis, per la cui elezione ho sinceramente gioito. Ma dissento totalmente da quanto ha dichiarato in merito alla proposta di dedicare un’aula di sociologia alla memoria di Mauro Rostagno. Dopo il suo assassinio per mano della mafia il 26 settembre 1988, senza aspettare certificazioni giudiziarie, Vincenzo Calì, allora direttore del museo storico, gli aveva intestato il centro di documentazione. Una scelta intelligente e coraggiosa che ha permesso in questi decenni di raccogliere – sotto il nome di Mauro Rostagno – un’amplissima documentazione storica sui movimenti degli anni Sessanta e Settanta, e anche oltre, mettendola a disposizione di studenti, studiosi e cittadini in generale. A sociologia e più in generale nell’Ateneo di Trento – dove comunque Mauro Rostagno anche in anni recenti è stato ricordato più volte, pure in occasione del cinquantenario della fondazione – si è molto esitato a «ufficializzare» la memoria di quello che fu il principale leader del ‘68 trentino. Un Leader conosciuto, riconosciuto e stimato in Italia come in Europa. La riserva implicita, non dichiarata, derivava dai depistaggi che si erano verificati in riferimento alle indagini sul suo omicidio. Depistaggi che avevano cercato di oscurare e inquinare la straordinaria memoria di questo autentico «eroe civile», che ha dedicato la sua vita e la sua morte all’impegno per la giustizia e la libertà di fronte alla criminalità mafiosa, politica e alle degenerazioni massoniche. Ora la sentenza pronunciata giovedì scorso dalla Corte d’assise di Trapani, con la condanna all’ergastolo del mandante e dell’esecutore del suo omicidio, ha spazzato via definitivamente ogni equivoco e ha restituito interamente l’onore alla figura di Mauro Rostagno, vittima della mafia, ridando serenità alla compagna Chicca Roveri e alla figlia Maddalena, che per questa verità storica e giudiziaria si sono battute per decenni. Le riserve della rettrice Daria de Pretis sulla figura di Rostagno «contestatore» negli anni ‘60 sono francamente risibili. Basti pensare che, in occasione del ventennale del movimento del ‘68, fu proprio il rettore di allora, il fisico Fabio Ferrari, a dare non solo la sua autorizzazione, ma anche la sua tutela all’incontro che si tenne per giorni nelle aule di sociologia a cui Mauro Rostagno partecipò con entusiasmo e ironia, felice di rimettere piede in quelle stanze dopo vent’anni. Luoghi che in quei giorni bellissimi, all’insegna del «Bentornata Utopia», videro protagonisti non solo gli ex-studenti di allora, ma anche Bruno Kessler, Io stesso Fabio Ferrari, Norberto Bobbio, Giorgio Galli e molti altri, ben consapevoli che la stagione della «contestazione studentesca» aveva rappresentato una vicenda memorabile per la storia di Trento e della sua università. Purtroppo, quello che allora capì con intelligenza e lungimiranza l’allora rettore Fabio Ferrari, sembra non essere compreso oggi dall’attuale rettrice. Per parlare del ‘68 italiano ed europeo basti pensare che un giovane contestatore come Daniel Cohn Bendit, leader del maggio parigino, è poi diventato per vent’anni europarlamentare europeo verde e leader del quarto gruppo politico nello stesso parlamento europeo, oltre che uno degli esponenti politici più ascoltati in Europa e spesso anche in Italia. Basti pensare ancora che un leader del ‘68 tedesco, come Joschka Fischer, è poi diventato non solo leader dei Grünen, ma addirittura vice-cancelliere e ministro degli esteri. Mauro Rostagno è stato un grande leader del ‘68 trentino, italiano ed europeo. Ha sacrificato la sua vita sull’altare della libera informazione e della lotta contro la mafia. Trento può essere fiera del ruolo che Rostagno ha avuto negli anni ‘60, gli anni della sua formazione nelle aule di sociologia. Rifiutare oggi di dedicare alla sua memoria di «eroe civile» un’aula di sociologia è prova di un provincialismo e di una miopia che personalmente da una donna intelligente come Daria de Pretis non mi sarei mai aspettato. Ma non basta un pronunciamento estemporaneo e privo di consultazione democratica per impedire all’università di Trento, e a sociologia in particolare, di ricordare un uomo giusto, libero e coraggioso che ha onorato questa città e questo ateneo. Marco Boato
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MARCO BOATO |
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